Alla guerra per la dorsale! Regione e società distributrici cercano di salvare il flop delle reti cittadine (a danno dei sardi)
Mentre 11mila scienziati chiedono l’abbandono dei combustibili fossili, il taglio ai sussidi destinati alle compagnie petrolifere ed una rapida riduzione delle emissioni di metano, la Regione continua a puntare forte su depositi costieri, metanodotto e reti cittadine. Insomma, mentre la comunità scientifica si mobilita e la Banca Europea degli Investimenti decide di limitare i finanziamenti ai progetti di sfruttamento/utilizzo delle fonti fossili (ma ci duole ricordare che la BEI non ha affatto messo al bando gas e petrolio), la nostra classe politica sfodera tutta la sua grettezza intellettuale.
Questa ristrettezza di idee è ben esemplificata dal tavolo, convocato qualche giorno fa dall’assessore all’Industria, a cui hanno preso parte tutti gli attori della filiera nostrana del gas (SNAM, SGI e gestori delle reti cittadine del gas). L’obiettivo era quello di fare pressione sul governo per i via libera definitivi alla dorsale del gas.
La decisione relativa al metanodotto è sempre più nelle mani del ministro dell’Ambiente Sergio Costa. Più che ascoltare sottosegretari e viceministri, bisogna chiedersi cosa farà il ministro. Deciderà per un supplemento di indagini, viste le problematiche emerse nel parere della Commissione Tecnica di Verifica d’Impatto Ambientale? Oppure manifesterà la sua contrarietà al progetto, prendendo atto del fatto che il metanodotto è un’opera impattante che va nella direzione opposta al taglio delle emissioni necessario per contenere l’aumento delle temperature? Oppure, con piglio notarile, si limiterà a ratificare una decisione già presa?
L’argomento emerso dal tavolo convocato in Regione è che, senza metanodotto e tariffe perequate (equiparate, cioè, a quelle sostenute dagli utenti della penisola), i costruttori/gestori delle reti cittadine si troverebbero in difficoltà. Insomma, la Regione si preoccupa degli investimenti delle società distributrici e nello specifico della possibilità di queste ultime di appianare i debiti contratti con le banche, anche con il Banco di Sardegna. Ma abdica al compito di fare gli interessi dei sardi. La Regione, infatti, tace sul fatto che l’elettrificazione dei consumi domestici (e, cioè, l’utilizzo dell’energia elettrica per la produzione di calore) è di gran lunga più conveniente rispetto al gas (anche ai prezzi praticati nella Penisola). Quando, poi, l’elettrificazione dei consumi è abbinata ad un tetto fotovoltaico, la convenienza aumenta in maniera esponenziale. E invece la Regione che fa? Continua ad integrare, con soldi pubblici, le risorse necessarie per la costruzione di queste infrastrutture.
Per capire quanto le politiche energetiche della giunta (e di gran parte dell’opposizione in Regione) siano fuori dal tempo, si può andare a vedere cosa fanno le regioni che hanno a disposizione il metano. Mentre qui da noi si parla di reti cittadine, Lombardia e Veneto promuovono nuovi bandi accumulo per diversi milioni di euro con cui supportare l’installazione di batterie per i fotovoltaici domestici. In pratica, laddove c’è il metano (ad un prezzo inferiore rispetto a quello che verrà praticato in Sardegna), ci si pone il problema di andare verso l’elettrificazione dei consumi. Questo lo diciamo per evidenziare una differenza, non per sostenere a priori l’accumulo elettrochimico dell’energia elettrica. Infatti, la Sardegna dovrebbe innanzitutto ridurre e gestire i propri consumi di energia e implementare l’idroelettrico come batteria di accumulo naturale a sostegno della generazione distribuita, favorendo solo dove è strettamente necessaria l’adozione di piccoli accumulatori e, in ogni caso, dando sempre priorità ad opzioni ecocompatibili.
Ma, invece, come detto, si preferisce difendere le ragioni degli attori della filiera del gas che viene chiusa dalle reti cittadine. Queste infrastrutture sono figlie dell’Accordo di Programma Quadro per la metanizzazione del 1999. I lavori sono andati molto a rilento nel corso degli anni, tanto che in una grande percentuale di comuni gli scavi non sono ancora partiti. Ma è interessante andare a vedere cos’è successo nelle zone servite dalle reti cittadine (che al momento vengono alimentate con gpl o aria propanata). Ci troviamo di fronte a numeri da fallimento consolidato. Nel complesso, secondo Arera, in Sardegna le società distributrici hanno erogato nel 2017 16,6 Mmc di gpl/aria propanata a 63.000 utenze totali attivate in 101 comuni.
Si prenda il caso di MEDEA, società che gestisce le reti del comune di Sassari. Secondo i dati diffusi dalla stessa società in occasione dell’acquisizione da parte di Italgas nel 2018, vengono serviti a Sassari 13.000 utenze su un bacino di 30.000 utenze potenziali. Questo dato significa che meno della metà (circa i 3/7) degli utenti che, in quell’area, hanno la possibilità di allacciarsi alla rete del gas decidono di collegarsi, utilizzando in media circa 392 smc di aria propanata all’anno (una quantità decisamente bassa).
La maggior parte delle altre utenze allacciate a cui si riferisce l’ARERA devono essere ascritte alla Città Metropolitana di Cagliari, dove, dai dati diffusi dall’ARERA, Isgas, ex concessionaria del comune di Cagliari oggi rimpiazzata da Italgas, ha distribuito nel 2016 6,14 Milioni di metri cubi (Mmc) di gpl/aria propanata ad un numero di utenti che è stimabile tra i 15000 e i 16000 in un contesto in cui – nella sola Cagliari – gli utenti potenziali sono 40.000. Appare, dunque, chiaro che nella città di Cagliari la penetrazione del gas di città è addirittura inferiore rispetto a Sassari (poco più di un terzo dei cagliaritani che ne hanno la possibilità hanno di fatto sottoscritto un contratto).
Un altro caso lampante del fallimento delle reti cittadine del gas in Sardegna è Oristano, dove a fronte di una rete con una potenzialità di circa 8500 utenze allo stato attuale ne risultano allacciate 1700 (dati Pears 2015): sono numeri che si commentano da soli e che indurrebbero a desistere dalla realizzazione ed esercizio di nuove reti cittadine e degli altri progetti connessi al programma di metanizzazione.
Qual è, dunque, la speranza di questi signori? Che agendo la leva del prezzo sempre più utenti decidano di collegarsi alle reti (sborsando somme ingenti per gli allacci domestici – qui un esempio https://www.medeagas.it/servizi/allaccio.html -, ma va ricordato che in altri casi l’allaccio è gratuito). D’altra parte, si potrebbe sostenere che il gas naturale costa meno dell’aria propanata con cui vengono oggi alimentate le reti cittadine. Pertanto si potrebbe obiettare che con il gas il numero delle utenze aumenterà, anche se la differenza di prezzo con l’aria propanata non è così marcata: la Snam propone un prezzo di 108 euro/mwh agli utenti domestici per il gas distribuito con la dorsale, scaricando i costi di distribuzione e commercializzazione all’industria sui comuni cittadini (in altri termini, i sardi devono sostenere il loro avvelenamento con le proprie tasche).
Ma se il criterio dell’utente è la ricerca del risparmio, allora è molto probabile che l’obiettivo sia quello di elettrificare quanto più possibile i consumi. Con buona pace degli assessori, delle banche finanziatrici e delle lobby del gas.