Il governo getta la maschera: il Ministro Costa approva il metanodotto
Per mesi abbiamo assistito ad una situazione paradossale: da un lato il governo, nella persona della sottosegretaria Alessandra Todde, si dichiarava contrario al metanodotto sardo, dall’altro il progetto incassava i placet della Commissione Tecnica di Verifica Ambientale, in attesa dell’ok del ministro dell’Ambiente Sergio Costa. Lascia passare arrivato ieri l’altro (per il Tratto Sud), secondo quanto si apprende da La Nuova Sardegna. Si tratta di un decreto decisivo, sebbene il procedimento ora si trasferisca al Mise – il ministero della Todde – per l’Autorizzazione Unica.
L’atto rivela, inoltre, la vera faccia del governo. Bravissimo a tingersi di verde con le parole, l’esecutivo promuove la combustione dei fossili nei fatti, dimostrando di non possedere nessuna capacità di proiettarsi nel futuro e poco e niente nel presenteE pazienza per le promesse fatte a migliaia di giovani preoccupati per il fuoco che avvolge la nostra casa: loro, la comunità scientifica e il pianeta possono attendere. Specie se di mezzo c’è la Snam, azienda partecipata da Cassa Depositi e Prestiti.
Le avvisaglie del recente via libera risalgono a meno di un mese fa, quando, cioè, il governo ha istituito la Virtual Pipe Line (la spola delle metaniere dai terminali di Gnl del Continente a quelli dell’Isola) con il Decreto Legge Semplificazioni, equiparando di fatto il prezzo del gas sardo a quello pagato nel resto d’Italia.
Nel testo del D.L. non mancano i riferimenti alle due nuove centrali a gas (per inciso, sostituibili con sistemi di accumulo secondo la Strategia Energetica Nazionale), e alle infrastrutture per lo stoccaggio e la rigassificazione del gnl sardo. In seguito, le dichiarazioni della sottosegretaria Todde hanno specificato che le infrastrutture di riferimento per la Virtual Pipe Line saranno i depositi/rigassificatori di Portoscuso e di Porto Torres. Curioso: non bastano i depositi costieri di Oristano già approvati, nonostante siano in grado di soddisfare il (presunto) fabbisogno di gas stimato dal PEARS. Ne servono di nuovi, e ti pareva! Ed oggi si aggiunge anche il tratto sud del metanodotto.
Il passaggio può sembrare di scarsa importanza, ma è rivelatore. Come nel domino, le prime tessere approvate (le reti cittadine e i depositi) hanno sbloccato le infrastrutture successive: il metanodotto, cui si è aggiunto presto l’elettrodotto, e le nuove centrali e ulteriori nuovi depositi.
Al contempo soggiunge in soccorso l’operazione di maquillage della Snam che introduce nel dibattito pubblico il passaggio da metanodotto a idrogenodotto, che finora risulta una cosa molto nebulosa, più aeriforme dell’idrogeno stesso e senza nessuna ufficialità, per cui risulta piuttosto difficile discuterne, anzi sembra messa lì apposta perché diventi un buco nero attrattivo delle discussioni e delle obiezioni senza che si possa dire niente di definitivo e rilevante
Si è, in altre parole, creato un sistema malato di elefantiasii cui obiettivi consistono nel riposizionare l’Italia nel contesto del mercato europeo del gas (prova ne sono le enormi quantità di gas che il sistema sardo, una volta realizzato, potrà stoccare e movimentare) e nello spostare grandi quantità di energia verso il nord del paese (attraverso l’elettrodotto, un’altra servitù, che ha bisogno di essere stabilizzato dalle centrali).
Insomma, questo sistema serve a tutti meno che ai cittadini sardi. Ma il problema è ancora più grave: una situazione per certi versi paradossale, dicevamo, che ha dei precedenti. Come già successo nel caso della Tap, mentre rassicura i contrari al metanodotto – tra cui molti suoi elettori -, il Movimento 5 stelle finisce per concretizzarne i peggiori incubi. Proponendo i depositi costieri e l’elettrodotto come alternativa al metanodotto, il Movimento ha ottenuto l’effetto di creare consenso attorno ad uno specchietto per allodole.
Invece, il comprimario PD non ha mai nascosto la sua posizione favorevole al metanodotto. Ed è scontato che a questo punto prenda la palla al balzo, emendando il testo del D.L. Semplificazioni per includere il metanodotto nella rete nazionale. Una menzione speciale va a Italia Viva e, cioè, a Matteo Renzi, d’altra parte il progetto di metanizzare l’Isola attraverso la dorsale interna nasce con il Patto per lo Sviluppo della Sardegna firmato a Sassari nel luglio del 2016. Oltre agli attori protagonisti ci sono delle comparse, è il caso di Sinistra italiana che si sforza di alzare il vessillo dell’ambientalismo, salvo risultare non pervenuta nell’ambito del dibattito politico sulla metanizzazione.
Le responsabilità non vanno in ogni caso ricercate solo oltremare. Mentre il governo regionale, Confindustria Sardegna e i sindacati confederali hanno fin dall’inizio convintamente assunto una posizione retriva e, cioè, favorevole alla metanizzazione in tutte le sue forme, da altri soggetti ci si aspettava molto di più. Pensiamo all’ANCI Sardegna, guidata da Emiliano Deiana, che nella calura ferragostana ha avuto un guizzo di rivolta contro l’eolico offshore del Sulcis ma ha volutamente eluso ogni sollecitazione ad assumere una posizione contro la metanizzazione. Alcuni sindaci, facendo loro la delibera proposta dal Comitato No Metano Sardegna, Isde Sardegna e Fridays for Future Sardegna, hanno provato ad agire da apripista, ricevendo in cambio un silenzio assordante. Un vero peccato, perché, se solo volesse, l’ANCI potrebbe giocare un ruolo di primo piano nella costruzione di un modello energetico sardo eco-compatibile.
Al contrario, la decisione del governo rappresenta una serissima ipoteca sulla possibilità – realmente a portata di mano – che la Sardegna realizzi un sistema energetico sostenibile e capace di garantire nuova occupazione e ampi risparmi ai cittadini sardi (che poi è esattamente quello di cui ci sarebbe bisogno). Puntare sulla metanizzazione e, dunque, sui depositi costieri, sulle centrali a gas e sulle reti cittadine – anziché su un sistema interconnesso di piccoli impianti da fonti rinnovabili dedicati all’autoproduzione e all’autoconsumo sostenuti dagli accumuli (invasi turbinati e batterie, laddove si rivelano necessarie) – significa oggi rinunciare ad un’opportunità storica.
Con depositi costieri, nuove centrali a gas e metanodotto la monocoltura energetica è appena dietro l’angolo. Per scongiurarla è necessario uno sforzo collettivo di comprensione, rifiuto e costruzione:
NO ALLA METANIZZAZIONE.
NO ALLA SARDEGNA COME PIATTAFORMA ENERGETICA.
SÌ AD UN MODELLO ENERGETICO ECO-COMPATIBILE, POLICENTRICO E DEMOCRATICO