Il metano non ci conviene. Incompetenza e faciloneria non possono ipotecare il nostro futuro: i politici sardi devono studiare di più

In un articolo apparso di recente sui quotidiani locali, il governatore della Regione Sardegna Francesco Pigliaru chiede al governo un’accelerazione sulle autorizzazioni del programma di metanizzazione della Sardegna.

Primo appunto: al momento sono in corso le valutazioni d’impatto ambientale (Via) del deposito/rigassificatore di Cagliari e del metanodotto sardo, che la Regione – in ossequio al precetto dell’Autonomia supina – si è lasciata scippare dall’allora governo Gentiloni in seguito alla nuova normativa sulle valutazioni ambientali.
Già questo è un fatto rimarchevole: Pigliaru si inserisce in un procedimento amministrativo il cui scopo è quello di valutare l’impatto ambientale di un’opera – chiedendone l’immediata conclusione – dopo aver – egli stesso – spedito le carte del progetto al ministero dell’Ambiente. Ecco, dunque, che il nostro governatore dimostra di non avere approfondito il ‘manuale’ dell’Autonomia (la competenza sulle valutazioni ambientali è facilmente ottenibile da tutte le regioni: non è un caso che l’Emilia Romagna, il Veneto e la Lombardia ne abbiano fatto richiesta). Inoltre, il nostro governatore dimostra anche di non tenere in debita considerazione gli impatti ambientali delle grandi opere.

Ma proseguiamo. “O il via libera alla metanizzazione o una compensazione di 400 milioni di euro da parte del governo per i maggiori costi energetici sostenuti dalla Sardegna”: questa la posizione di Pigliaru espressa martedì di fronte al Consiglio Regionale.
Fossimo a scuola lo avremmo rimandato a settembre (anzi, a Febbraio), visto che anche in questo caso il nostro governatore dimostra di non aver studiato abbastanza. L’errore che continua a fare è forse la spia di un problema congenito della classe politica isolana, visto che i rimandati sono parecchi.
Pigliaru, infatti, come tanti altri, si limita ad un’analisi costi benefici (mai resa pubblica) che considera solo il gas e il gpl. Il presidente, insomma, non si preoccupa di mettere a confronto l’utilizzo del gas con le altre alternative. Piuttosto, Pigliaru ipoteca il futuro energetico della Sardegna per i prossimi 50 anni e più riproponendo un discorso che poteva essere accettato negli anni ’70 o ’80 (“il gas inquina meno del carbone”).

Facciamo dunque 3 comparazioni, due delle quali riguardano il settore domestico, l’altra, invece, il settore industriale, premettendo che esistono altri esempi possibili. Come vedremo, l’energia termica ottenuta attraverso l’elettrificazione dei consumi è (quasi) sempre economicamente vantaggiosa in termini economici e – a dispetto delle altre opzioni – sostenibile da un punto di vista ecologico.

Per quanto riguarda il calore utilizzato per cucinare, il confronto è tra le classiche cucine a gas e i fornelli a induzione. Compariamo, dunque, il prezzo del gas in vigore nel mercato tutelato (a proposito dobbiamo ricordarci che in Sardegna potrebbe essere più elevato), 0,78 centesimi per SMC, e il prezzo del Kwh elettrico stabilito dal mercato di maggior tutela pari a 0,19 centesimi.

Un smc di gas (al netto del vapore acqueo generato durante la combustione) è in grado di produrre circa 9,5 kwh termici, mentre nel caso dell’energia elettrica 1 kwh equivale a 0,99 kwh termici.
Dunque nel caso del gas il kwh termico costa 0,08 euro, mentre nel caso dell’elettricità costa 0,19
I fornelli a gas hanno una resa del 40%, dunque il potere calorifero di una cucina a gas risulta di 3,8kwh a mc. Questo significa che il vero prezzo del kwh termico prodotto dal gas è pari a 0,19
Nel caso delle piastre a induzione l’efficienza è del 90% dunque il reale potere calorifero di un kwh di energia elettrica è pari a 0,9 kwh termici. Dunque il prezzo del kwh termico ottenuto con l’energia elettrica è di 0,21. Vale a dire di due centesimi di euro superiore (da notare che le offerte sul libero mercato dell’energia.
Da notare che se facessimo i calcoli con i prezzi del gas e dell’elettricità del libero mercato, i prezzi del kmh termico sono uguali (0,18 il gas e 0,18 l’elettricità).

Si può, poi, fare l’esempio del riscaldamento domestico:
In genere qui il confronto è tra le più recenti caldaie a condensazione che raggiungono picchi di efficienza del 100% e oltre grazie al recupero dei fumi e le pompe di calore. Esistono pompe di calore di diverso tipo. aria – aria; aria- acqua;-acqua – acqua; pompe geotermiche (che nulla hanno a che fare con la geotermia industriale proposta in Sardegna da numerose società).
La pompa di calore è un sistema capace di trasferire il calore da una “sorgente” a temperatura inferiore a un utilizzatore a temperatura superiore. L’effetto complessivo consiste nel prelevare calore da un ambiente freddo, e di immetterne una quantità, maggiorata dal lavoro effettuato dal compressore, in un ambiente caldo.
La resa di una pompa o C.O.P (Coefficient Of Performance) è valorizzata dal rapporto tra l’energia termica rilasciata nell’ambiente caldo e l’energia spesa per la realizzazione del ciclo (energia elettrica assorbita dal compressore). Questo rapporto dipende da molti parametri, tra i quali assumono rilevanza fondamentale i livelli termici a cui avvengono gli scambi termici ed il tipo di fluido impiegato. È costantemente superiore ad 1 e tipicamente ha un valore pratico compreso tra 3 e 6, ma presenta facilmente picchi più alti.
Limitiamoci ad un semplice esempio. Quanto costa 1 kWh termico prodotto con una caldaia a gas? Il costo del gas metano domestico si aggira sull’ordine degli 0,70-0,80 €/mc a seconda del fornitore al dettaglio e della quantità di consumo, dove per “mc” si intendono i metri cubi standard, cioè quelli riportati anche nelle bollette. Occorre sapere che ogni metro cubo di metano fornisce 9,6 kWh termici. Nel caso di una caldaia a condensazione, 1 mc di gas fornisce, dunque 9,6 Kwh. Perciò il costo di 1 kWh termico è dato semplicemente dal rapporto fra il prezzo a mc del gas ed il numero di kWh termici prodotti con 1 mc di metano. Calcolando il prezzo del gas a 78,28 centesimi di euro (attuale prezzo nel regime di maggior tutela) risulta essere pari a 0,081 euro/kwh. Con il libero mercato, esistono offerte intorno ai 70 centesimi di euro per smc (dunque si arriva a 0,072)

Vediamo ora il caso delle pompe di calore, considerando un COP di 4,5 facilmente raggiungibile nella maggior parte della Sardegna e un prezzo di 0,25 cent/euro a Kwh (potenza impegnata 4,5Kw – offerta del mercato libero) il prezzo del kwh termico è pari a 0,055. Dunque nettamente inferiore a quello delle caldaie a condensazione.
Se poi dovessimo abbinare un piccolo impianto fotovoltaico alla pompa di calore, i prezzi scenderebbero ancora di più. Da notare che il prezzo al kwh dell’energia è estremamente sensibile alla quota di energia elettrica prodotta con le rinnovabili presente nel mix energetico totale. Vale a dire che maggiore è il contributo delle rinnovabili, minore è il prezzo dell’energia. Dunque questo aspetto rappresenta un ulteriore elemento per l’abbandono dei fossili, insostenibili sia sul piano ecologico sia su quello economico.
Certo, le pompe di calore costano, ragion per cui noi riteniamo che la detrazione fino ad un massimo del 65% non sia sufficiente a promuovere questa tecnologia: ecco perché chiediamo che gli incentivi vengano sottratti alle fonti fossili e rivisti per i grandi impianti da rinnovabili per essere dirottati sull’elettrificazione dei consumi basata su piccoli impianti.
Ultimo, ma non per importanza, affrontiamo il problema dell’energia termica per uso industriale. Esistono già numerosi esempi di piccoli impianti termodinamici (in Austria, in Italia (in provincia di Forlì e Cesena, e ultimamente anche ad Ottana con l’impianto Enas inaugurato qualche mese fa) capaci di fornire energia termica fino ad un massimo di 250 gradi centigradi, temperature, cioè, a cui lavorano gran parte delle piccole e medie imprese. In questo caso, esiste il problema dell’investimento iniziale, ma è chiaro che una simile scelta – se supportata dal pubblico – consentirebbe alle aziende di emanciparsi energeticamente e di ottenere grandi risparmi.
Diverso è il discorso per gli impianti industriali che raggiungono temperature più elevate, ma in quel caso si apre un altro discorso? Vogliamo forse noi una riedizione della petrolchimica o dell’alluminio primario in Sardegna? La risposta è no.

A conti fatti, la classe politica sarda deve studiare di più. E sfruttare meglio lo Statuto, che all’articolo 4 conferisce grande autonomia alla Sardegna nel settore della produzione e della distribuzione dell’energia elettrica.

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